Il bello dei Greci

Dorella Cianci, “Il Sole 24 ore”, 5 aprile 2015Come si può persuadere all’acquisto? Semplicemente tenendo presente le regole della comunicazione di massa che risalirebbero al retore Corace (V secolo a .C.), il quale aveva intuito che si può persuadere la massa con gli stessi argomenti di come si persuade il singolo. «Sono la bella kylix di Isodemo e Eutiche», si legge su un’iscrizione della fine del VII sec. a.C. e questa è una delle tante testimonianze di kalòs (bello) dei manufatti nel mondo greco: un concetto inizialmente di matrice plastica che si è poi traslato direttamente dall’oggetto all’acquirente. Aristofane definisce, nella commedia Le Rane, un vaso «molto bello e molto buono» tale da rendere lodevole anche il compratore e il kalòs, affiancato all’agathòs (buono) negli oggetti, rientra nella tipica ottica mercantile greca. La bellezza era, ed è, un argomento convincente nella retorica, ma il kalòs è soprattutto una categoria inventata dai Greci che da Platone ha subito una dilatazione bipolare: da un lato verso la sfera celeste, dall’altro verso la materialità. Ma cos’è stata la bellezza prima di Socrate, si chiede David Konstan? Egli esamina la fortuna di un’idea nata in Grecia attraverso alcuni passi tratti dalle opere di Omero e, con un balzo temporale, la analizza alla luce della cerchia socratica (Platone e Senofonte in primis), fino ad arrivare al pensiero pedagogico di Plutarco. Da questi passi si scorge una chiara evoluzione del concetto che nel mondo arcaico si è legato precipuamente alla materia: agli oggetti, ai luoghi geografici e soprattutto ai corpi degli eroi. Fra Omero e Platone si colloca la riflessione della poetessa Saffo, la quale legge la bellezza in chiave erotica, intravedendo la discutibilità di un concetto fin troppo ieratico in epoca omerica. Il bello materiale, così solido e immutabile, inizia a vacillare con Saffo, ma non in senso «etico», secondo Konstan, cosa che invece accadrà con Socrate e Platone, i quali, pur considerando la sfera erotica della bellezza, pongono la loro riflessione oltre i sensi, dando vita a una bellezza ideale che diverrà un concetto chiave per tutta la cultura occidentale, in particolare nel Rinascimento (un periodo esaminato anche da Konstan nel capitolo sulla sua traslazione concettuale). Nell’ultima parte del volume, non ancora tradotto in italiano, l’autore si concentra sull’idea contemporanea della bellezza e su come la nostra concezione estetica derivi da un passaggio antico legato a qualcosa che c’è sulle stelle, il de-siderio, che si potrebbe sintetizzare con alcune parole di Lyotard: «nel giorno in cui la Bellezza viene al mondo c’è una sorta di co-nascita del desiderio e del desiderabile». La trasfigurazione contemporanea della bellezza risente ancora dell’ottica greca, anche se da essa ha voluto trarre una visione carnale che non sempre le appartiene, ma che invece si lega ben più alla retorica dei corpi e all’arte di raccontarli.
David Konstan, Beauty. The Fortune of an Ancient Greek Idea, Oxford University Press, Oxford, pagg.280

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