Seneca e il tempo

Eduardo Barrón, Nerone e Seneca, 1904. Madrid, Museo Nacional del Prado

Epistula ad Lucilium,  93:

SENECA LVCILIO SVO SALVTEM

[1] In epistula qua de morte Metronactis philosophi querebaris, tamquam et potuisset diutius vivere et debuisset, aequitatem tuam desideravi, quae tibi in omni persona, in omni negotio superest, in una re deest, in qua omnibus: multos inveni aequos adversus homines, adversus deos neminem. Obiurgamus cotidie fatum: ‘quare ille in medio cursu raptus est? quare ille non rapitur? quare senectutem et sibi et aliis gravem extendit?’ [2] Utrum, obsecro te, aequius iudicas, te naturae an tibi parere naturam? quid autem interest quam cito exeas unde utique exeundum est? Non ut diu vivamus curandum est, sed ut satis; nam ut diu vivas fato opus est, ut satis, animo. Longa est vita si plena est; impletur autem cum animus sibi bonum suum reddidit et ad se potestatem sui transtulit. [3] Quid illum octoginta anni iuvant per inertiam exacti? non vixit iste sed in vita moratus est, nec sero mortuus est, sed diu. ‘Octoginta annis vixit.’ Interest mortem eius ex quo die numeres. ‘At ille obiit viridis.’ [4] Sed officia boni civis, boni amici, boni filii executus est; in nulla parte cessavit; licet aetas eius inperfecta sit, vita perfecta est. ‘Octoginta annis vixit.’ Immo octoginta annis fuit, nisi forte sic vixisse eum dicis quomodo dicuntur arbores vivere. Obsecro te, Lucili, hoc agamus ut quemadmodum pretiosa rerum sic vita nostra non multum pateat sed multum pendeat; actu illam metiamur, non tempore. Vis scire quid inter hunc intersit vegetum contemptoremque fortunae functum omnibus vitae humanae stipendiis atque in summum bonum eius evectum et illum cui multi anni transmissi sunt? alter post mortem quoque est, alter ante mortem perit. [5] Laudemus itaque et in numero felicium reponamus eum cui quantulumcumque temporis contigit bene conlocatum est. Vidit enim veram lucem; non fuit unus e multis; et vixit et viguit. Aliquando sereno usus est, aliquando, ut solet, validi sideris fulgor per nubila emicuit. Quid quaeris quamdiu vixerit? vivit: ad posteros usque transiluit et se in memoriam dedit. [6] Nec ideo mihi plures annos accedere recusaverim; nihil tamen mihi ad beatam vitam defuisse dicam si spatium eius inciditur; non enim ad eum diem me aptavi quem ultimum mihi spes avida promiserat, sed nullum non tamquam ultimum aspexi. Quid me interrogas quando natus sim, an inter iuniores adhuc censear? habeo meum. [7] Quemadmodum in minore corporis habitu potest homo esse perfectus, sic et in minore temporis modo potest vita esse perfecta. Aetas inter externa est. Quamdiu sim alienum est: quamdiu ero, <vere> ut sim, meum est. Hoc a me exige, ne velut per tenebras aevum ignobile emetiar, ut agam vitam, non ut praetervehar. [8] Quaeris quod sit amplissimum vitae spatium? usque ad sapientiam vivere; qui ad illam pervenit attigit non longissimum finem, sed maximum. Ille vero glorietur audacter et dis agat gratias interque eos sibi, et rerum naturae inputet quod fuit. Merito enim inputabit: meliorem illi vitam reddidit quam accepit. Exemplar boni viri posuit, qualis quantusque esset ostendit; si quid adiecisset, fuisset simile praeterito. [9] Et tamen quousque vivimus? Omnium rerum cognitione fruiti sumus: scimus a quibus principiis natura se attollat, quemadmodum ordinet mundum, per quas annum vices revocet, quemadmodum omnia quae usquam erunt cluserit et se ipsam finem sui fecerit; scimus sidera impetu suo vadere, praeter terram nihil stare, cetera continua velocitate decurrere; scimus quemadmodum solem luna praetereat, quare tardior velociorem post se relinquat, quomodo lumen accipiat aut perdat, quae causa inducat noctem, quae reducat diem: illuc eundum est ubi ista propius aspicias. [10] ‘Nec hac spe’ inquit sapiens ille ‘fortius exeo, quod patere mihi ad deos meos iter iudico. Merui quidem admitti et iam inter illos fui animumque illo meum misi et ad me illi suum miserant. Sed tolli me de medio puta et post mortem nihil ex homine restare: aeque magnum animum habeo, etiam si nusquam transiturus excedo.’ Non tam multis vixit annis quam potuit. [11] Et paucorum versuum liber est et quidem laudandus atque utilis: annales Tanusii scis quam ponderosi sint et quid vocentur. Hoc est vita quorundam longa, et quod Tanusii sequitur annales. [12] Numquid feliciorem iudicas eum qui summo die muneris quam eum qui medio occiditur? numquid aliquem tam stulte cupidum esse vitae putas ut iugulari in spoliario quam in harena malit? Non maiore spatio alter alterum praecedimus. Mors per omnis it; qui occidit consequitur occisum. Minimum est de quo sollicitissime agitur. Quid autem ad rem pertinet quam diu vites quod evitare non possis? Vale.

In lingua inglese.

Nella lettera in cui lamentavi la morte del filosofo Metronatte, come se avesse potuto e dovuto vivere più a lungo, ho sentito la mancanza di quel senso di giustizia di cui sei ricco in ogni funzione, in ogni attività, e che ti difetta in una sola cosa, come a tutti: ho trovato molte persone giuste verso gli uomini, ma nessuna giusta verso gli dèi. Ogni giorno rimproveriamo il destino: “Perché Tizio è stato rapito nel pieno della vita? Perché non Caio? Perché prolunga una vecchiaia penosa a sé e agli altri?” 2 Ma dimmi: ritieni più giusto che sia tu a obbedire alla natura o la natura a te? Che importanza ha se esci presto o tardi dalla vita? Bisogna in ogni caso uscirne. Non dobbiamo cercare di vivere a lungo, ma di vivere abbastanza; vivere a lungo dipende dal destino, dalla nostra anima vivere quanto basta. La vita è lunga se è piena, e diventa tale quando l’anima ha riconsegnato a se stessa il suo bene e ha preso il dominio di sé. 3 Che cosa servono a quel tizio ottant’anni trascorsi nell’inerzia? Costui non è vissuto, ma si è attardato nella vita, e non è morto tardi, ma lentamente. “È vissuto ottant’anni.” L’importante è da che giorno calcoli la sua morte. 4 “Invece quell’altro è scomparso nel fiore degli anni.” Ha adempiuto, però ai doveri di onesto cittadino, di fedele amico, di buon figlio; mai è venuto meno ai propri obblighi; anche se è incompleta la sua età, è completa la sua vita. “È vissuto ottant’anni.” Anzi è esistito per ottant’anni, a meno che tu non dica che è vissuto, così come si dice che gli alberi vivono. Ti scongiuro, Lucilio mio, facciamo in modo che la nostra vita, come tutte le cose preziose, non conti per la sua estensione, ma per il suo peso; misuriamola dalle azioni, non dal tempo. Vuoi sapere che differenza c’è fra un uomo vigoroso e sprezzante della fortuna, che ha adempiuto a tutti i doveri della vita umana ed è giunto al sommo bene, e un uomo che ha lasciato scorrere gli anni? Il primo vive anche dopo la morte, il secondo si è spento prima di morire. 5 Lodiamo, perciò e mettiamo nel numero degli uomini felici chi ha ben impiegato il poco tempo avuto in sorte. Egli ha visto la vera luce; non è stato uno dei tanti; è vissuto; è stato forte. Talora ha goduto di giorni sereni; talora, come spesso avviene, lo splendore del sole si è mostrato fra le nubi. Perché chiedi quanto è vissuto? Vive ancora: è balzato tra i posteri e si è consegnato al loro ricordo. 6 Non per questo rifiuterei degli anni in più; ma anche se la vita mi viene troncata, dirò che non mi è mancato niente per avere la felicità; non ho regolato la mia esistenza su quel giorno che un’avida speranza mi aveva promesso come ultimo: ogni giorno l’ho guardato come se fosse l’ultimo. Perché mi chiedi la data di nascita o se faccio ancora parte della lista dei giovani? Ho quello che mi spetta. 7 Un uomo con un fisico più piccolo del normale può essere perfetto, e allo stesso modo può essere perfetta una vita più breve del normale. L’esistenza dipende da fattori esterni. Non dipende da me la lunghezza della vita: da me dipende vivere veramente la vita che avrò. Pretendi questo da me: che non conduca un’esistenza oscura in mezzo alle tenebre, ma che guidi la mia vita senza lasciarmi vivere. 8 Chiedi qual è la vita più lunga? Vivere fino alla saggezza; chi la raggiunge, non tocca la meta più lontana, ma la più importante. Ne sia pure fiero; ringrazi gli dèi e fra gli dèi anche se stesso e imputi alla natura ciò che è stato. E lo farà a ragione: le ha restituito una vita migliore di quella ricevuta. Egli ha dato un esempio di uomo virtuoso, ha dimostrato le sue qualità e il suo valore; se fosse vissuto ancora, tutto sarebbe rimasto uguale. 9 E dunque, fino a quando vogliamo vivere? Siamo ormai arrivati a conoscere tutto: sappiamo su quali princìpî si fondi la natura, che ordinamento dia al mondo, attraverso quali cicli faccia ritornare l’anno, in che modo abbia segnato i confini di tutte le cose future e si sia posta come limite a se stessa; sappiamo che le stelle si muovono per loro impulso, che nessun corpo celeste è fermo, eccetto la terra e che gli altri scorrono veloci ininterrottamente; sappiamo come la luna superi il sole e perché, pur essendo più lenta, si lasci alle spalle quello che è più veloce, come si illumini e si oscuri, per quale causa si avvicendino il giorno e la notte: bisogna andare là dove questi fenomeni si contemplano più da vicino. 10 “Non esco dalla vita con maggiore forza d’animo,” dice il saggio, “perché spero che mi sia aperta la strada verso i miei dèi. Mi sono procurato il diritto di essere ammesso tra di loro (e per altro ci sono già stato): il mio spirito è giunto fino a loro e loro a me. Supponi che io scompaia e che dopo la morte dell’uomo non rimanga nulla: io ho lo stesso un’anima grande anche se, uscito dalla vita, non andrò a finire in nessun luogo.” 11 “Non visse tanto a lungo quanto avrebbe potuto.” Anche un libro di poche righe può essere apprezzabile e utile: hai presente la mole degli annali di Tanusio e che fama li accompagni. La lunga vita di certa gente è simile e segue la stessa sorte degli annali di Tanusio. 12Secondo te il gladiatore ucciso alla fine dello spettacolo è forse più felice di quello che muore a metà giornata? Pensi che uno sia tanto stupidamente attaccato alla vita da preferire che lo scannino nello spogliatoio piuttosto che nell’arena? Se uno muore prima, non precede un altro di un intervallo maggiore di questo. La morte arriva per tutti, l’assassino segue la vittima. Ci tormentiamo tanto per una sciocchezza. Ma a che serve evitare a lungo l’inevitabile? Stammi bene.

ANTOLOGIA di TESTI

La vita è breve, se sai utilizzarla è lunga: De brev. vitae, 1, 1-4; 2,1

Non exiguum temporis habemus sed multum perdidimus. Satis longa vita et in maximarum rerum consummationem large data est si tota bene collocaretur; sed ubi per luxum ac neglegentiam diffluit ubi nulli bonae rei impenditur ultima demum necessitate cogente quam ire non intelleximus transisse sentimus. 4 Ita est: non accipimus brevem vitam sed fecimus nec inopes eius sed prodigi sumus.

Noi non disponiamo di poco tempo, ma ne abbiamo perduto molto. La vita è lunga abbastanza e ci è stata data con larghezza per la realizzazione delle più grandi imprese, se fosse impiegata tutta con diligenza; ma quando essa trascorre nello spreco e nell’indifferenza, quando non viene spesa per nulla di buono, spinti alla fine dall’estrema necessità, ci accorgiamo che essa è passata e non ci siamo accorti del suo trascorrere. È così: non riceviamo una vita breve, ma l’abbiamo resa noi, e non siamo poveri di essa, ma prodighi.
Quid de rerum natura querimur? Illa se benigne gessit: vita si uti scias longa est.
Perché ci lamentiamo della natura? Essa si è comportata in maniera benevola: la vita è lunga, se sai farne uso.

Gli uomini sprecano il tempo: De brev. vitae, 3,4

Tamquam semper victuri vivitis numquam vobis fragilitas vestra succurrit non observatis quantum iam temporis transierit.

Vivete come se doveste vivere in eterno, mai vi sovviene della vostra caducità, non ponete mente a quanto tempo è già trascorso.

Seneca, La brevità della vita, 3, 2-5 Interpretazione di Giulio Scarpati

Il saggio possiede il proprio tempo: De brev. vitae,7,5

Magni mihi crede et supra humanos errores eminentis viri est nihil ex suo tempore delibari sinere et ideo eius vita longissima est, quia quantumcumque patuit totum ipsi vacavit.

Credimi, è tipico di un uomo grande e che si eleva al di sopra degli errori umani permettere che nulla venga sottratto dal suo tempo, e la sua vita è molto lunga per questo, perché, per tutta la sua durata gli è appartenuta tutta.

Seneca, La brevità della vita, 8, 1-5 Interpretazione di Sandro Lombardi

La corsa del tempo: De brev. vitae, 10, 1

Praesens tempus brevissimum est, adeo quidem ut quibusdam nullum videatur; in cursu enim semper est, fluit et praecipitatur; ante desinit esse quam venit, nec magis moram patitur quam mundus aut sidera, quorum irrequieta semper agitatio numquam in eodem vestigio manet.

Il tempo presente è brevissimo, a tal punto che per alcuni appare inesistente; è sempre in corsa, fluisce e precipita; cessa prima di giungere, né tollera indugio più del cosmo o delle stelle, il cui moto incessante non trova mai quiete nella medesima traccia.

Come ci si rapporta al tempo?: De brev. vitae, 10,2-6

In tria tempora vita dividitur: quod fuit quod est quod futurum est. Ex his quod agimus breve est quod acturi sumus dubium quod egimus certum.

La vita si divide in tre tempi: passato, presente e futuro. Di questi il presente è breve, il futuro incerto, il passato sicuro.

Ep. ad Lucilium,1

1. Ita fac, mi Lucili: vindica te tibi, et tempus quod adhuc aut auferebatur aut subripiebatur aut excidebat collige et serva. Persuade tibi hoc sic esse ut scribo: quaedam tempora eripiuntur nobis, quaedam subducuntur, quaedam effluunt. Turpissima tamen est iactura quae per neglegentiam fit. Et si volueris adtendere, magna pars vitae elabitur male agentibus, maxima nihil agentibus, tota vita aliud agentibus. 2. Quem mihi dabis qui aliquod pretium tempori ponat, qui diem aestimet, qui intellegat se cotidie mori? In hoc enim fallimur, quod mortem prospicimus: magna pars eius iam praeterìt; quidquid aetatis retro est mors tenet. Fac ergo, mi Lucili, quod facere te scribis, omnes horas conplectere; sic fiet ut minus ex crastino pendeas, si hodierno manum inieceris. Dum differtur vita transcurrit. 3. Omnia, Lucili, aliena sunt, tempus tantum nostrum est…

1. Fai così, o mio Lucilio, rivendica te stesso per te, e il tempo che finora ti veniva portato via o sottratto o ti sfuggiva, mettilo da parte e custodiscilo. Persuaditi che queste cose stanno come ti scrivo. parte del nostro tempo ci è strappata via, parte sottratta, una parte scorre via. Ma lo spreco più vergognoso è quello che avviene per trascuratezza. E se vorrai farci attenzione, gran parte della vita scorre via nel far male, la massima parte nel non far nulla, tutta la vita nel fare altro. 2. Trovami uno che attribuisca un qualche valore al tempo, che apprezzi il valore di una giornata, che comprenda di morire giorno dopo giorno. In questo ci inganniamo, per il fatto che noi vediamo la morte davanti a noi: gran parte di essa invece è già passata; tutto il tempo che ci sta alle spalle appartiene alla morte. Fa’ dunque, o mio Lucilio, ciò che mi scrivi di stare facendo: tienti stretta ogni ora. Così potrai dipendere meno dal futuro, se prenderai possesso dell’oggi. Mentre si differisce, la vita passa. 3. Tutto ci è estraneo, Lucilio, solo il tempo è nostro…

Ep. ad Lucilium, 101,7-8

Quid autem stultius quam mirari id ullo die factum quod omni potest fieri? Stat quidem terminus nobis ubi illum inexorabilis fatorum necessitas fixit, sed nemo scit nostrum quam prope versetur a termino; sic itaque formemus animum tamquam ad extrema ventum sit. Nihil differamus; cotidie cum vita paria faciamus. [8] Maximum vitae vitium est quod inperfecta semper est, quod [in] aliquid ex illa differtur. Qui cotidie vitae suae summam manum inposuit non indiget tempore; ex hac autem indigentia timor nascitur et cupiditas futuri exedens animum. […] Quo modo effugiemus hanc volutationem? Uno: si vita nostra non prominebit, si in se colligitur; ille enim ex futuro suspenditur cui inritum est praesens. […] Quid enim varietas mobilitasque casuum perturbabit, si certus sis adversus incerta? Ideo […] cui vita sua cotidie fuit tota, securus est.

Cosa dunque è più sciocco che stupirsi che accada un giorno quanto può accadere ogni giorno? Il termine della nostra vita sta dove l’ha fissato l’inesorabile ineluttabilità del destino; ma nessuno di noi sa quanto si trovi vicino alla fine; disponiamo, perciò la nostra anima come se fossimo arrivati al momento estremo. Non rinviamo niente; chiudiamo ogni giorno il bilancio con la vita. 8 Il difetto maggiore dell’esistenza è di essere sempre incompiuta e che sempre se ne rimanda una parte. Chi dà ogni giorno l’ultima mano alla sua vita, non ha bisogno di tempo; da questo bisogno nascono la paura e la brama del futuro che rode l’anima. Non c’è niente di più triste che chiedersi quale esito avranno gli eventi futuri; se uno si preoccupa di quanto gli resta da vivere o di come, è agitato da una paura inguaribile.
In quale modo eviteremo questo turbamento? In un solo modo: se la nostra vita non si proietterà in avanti, se si raccoglie tutta in se stessa; è sempre sospeso al futuro, infatti, colui per il quale il presente è vano, inutilizzato. […] In che cosa la varietà e la volubilità degli eventi ti sconvolgerà, se tu sei sicuro di fronte alle incertezze? Perciò […] chi possiede interamente la sua vita ogni giorno è al sicuro, privo di turbamenti.

Mimmo_Jodice_Maison_Carree_Nimes_1994APPROFONDIMENTO

Dalla rivista ZETESIS: Seneca e Heidegger

Conferenza di Ivano Dionigi, già rettore dell’Alma Mater di Bologna, sul tema “E’il tempo”, a Magenta presso l’Auditorium del Liceo Scientifico “D. Bramante” di Magenta.

 

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