Lucrezio

venere_marina_pompei

Carmina sublimis tunc sunt peritura Lucreti,
exitio terras cum dabit una dies
Ovidio, Amores, I, 15, 23

“I versi del sublime Lucrezio periranno il giorno in cui anche il mondo precipiterà nella rovina”.

Se avessi letto Lucrezio in liceo me ne sarei innamorato, ma Lucrezio non si legge volentieri nei licei, ufficialmente perché è troppo difficile, di fatto perché dai suoi versi ha sempre emanato odore di empietà; perciò, fin dall’antichità gli si è costruito intorno un involucro di silenzio, ed oggi di quest’uomo straordinario non si sa quasi nulla. Coscientemente o no, per lungo tempo è stato considerato pericoloso perché cercava un’interpretazione puramente razionale della natura, aveva fiducia nei propri sensi, voleva liberare l’uomo dalla sofferenza e dalla paura, si ribellava contro ogni superstizione, e descriveva con lucida poesia l’amore terrestre. La sua fiducia ad oltranza nella esplicabilità dell’universo è la stessa degli atomisti moderni, il suo materialismo, anzi meccanicismo, è candido e ci fa sorridere, ma affiorano qua e là intuizioni sorprendenti”.
Primo Levi, La ricerca delle radici. Antologia personale, 1981

Il De rerum natura di Lucrezio è la prima grande opera di poesia in cui la conoscenza del mondo diventa dissoluzione della compattezza del mondo, percezione di ciò che è infinitamente minuto e mobile e leggero. Lucrezio vuole scrivere il poema della materia ma ci avverte subito che la vera realtà di questa materia è fatta di corpuscoli invisibili. E’ il poeta della concretezza fisica, vista nella sua sostanza permanente e immutabile, ma per prima cosa ci dice che il vuoto è altrettanto concreto che i corpi solidi. La più grande preoccupazione di Lucrezio sembra quella di evitare che il peso della materia ci schiacci. Al momento di stabilire le rigorose leggi meccaniche che determinano ogni evento, egli sente il bisogno di permettere agli atomi delle deviazioni imprevedibili dalla linea retta, tali da garantire la libertà tanto alla materia quanto agli esseri umani. La poesia dell’invisibile, la poesia delle infinite potenzialità imprevedibili, cosi come la poesia del nulla nascono da un poeta che non ha dubbi sulla fisicità del mondo. Questa polverizzazione della realtà s’estende anche agli aspetti visibili, ed è là che eccelle la qualità poetica di Lucrezio: i granelli di polvere che turbinano in un raggio di sole in una stanza buia (II, 114-124); le minute conchiglie tutte simili e tutte diverse che l’onda mollemente spinge sulla bibula barena, sulla sabbia che s’imbeve (II, 374-376); le ragnatele che ci avvolgono senza che noi ce ne accorgiamo mentre camminiamo (III, 381-390).
I. Calvino, Lezioni americane, Milano, Mondadori, 2000

Essere felice: nessun dolore, nessun’ansia, nessun brivido, nessun palpito, nessuna estenuante malia, nessun esaltante pathos. Non soffrire, non gioire, non fremere di emozione, non tremare di paura, non agitarsi di irrequietezza. Guardare gli altri turbarsi, affannarsi, correre, e compiacersi di restare sereni non toccati dall’ambizione o da desideri. Per vivere felici, allora, che serve? Questo serve: soltanto l’atarassia, come insegna Epicuro, il “liberatore dell’umanità”, secondo Lucrezio.
Diventare come gli dei, dunque. Diventare imperturbabile.
È questo che vuole Lucrezio? Sì, e, caparbiamente, disperatamente, lo propone al suo lettore. Niente impegno politico, niente passione d’amore, non farsi angosciare dal pensiero della morte, non farsi trascinare nella vertigine dell’infinito. Tutto è finito, tutto finirà, l’uomo, il mondo, le città, lo splendore degli astri, la lussuosa bellezza della natura. Chi troppo soffre o troppo ha sofferto è disposto ad anestetizzarsi l’anima, pur di non precipitare nel baratro del dolore. Raggiungere l’imperturbabilità, così, è un imperativo irrinunciabile e l’indifferenza diventa “divina”, come dirà due millenni dopo Eugenio Montale in Spesso il male di vivere ho incontrato: «bene non seppi fuori del prodigio/ che schiude la divina Indifferenza».
Giulia Colomba Sannia, Lucrezio. L’impossibile atarassia, Simone, 2006

6169 Total Views 2 Views Today
Print Friendly, PDF & Email
Facebooktwitterpinterest