Gli Etruschi in mostra a Bologna (2)

Giuseppe M. Della Fina, Etruschi. Viaggio alla ricerca della civiltà che sconfisse la morte, “La Repubblica”,  24 ottobre 2014

«LA necropoli continuava la città, e l’uomo, morendo, non faceva che cambiar quartiere, passando dai quartieri del centro a quelli della periferia, più salubri e signorili. Il paese di Utopia gli Etruschi non lo confinavano in terre inaccessibili, in isole lontane, ma nella morte che è accessibile a tutti. Idea savissima». L’osservazione è di Alberto Savinio in Dico a te, Clio e torna alla memoria avvicinandosi a questa mostra nata da un’idea di Genus Bononiae Musei nella Città, Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e Museo Nazionale di Villa Giulia a Roma: Il viaggio oltre la vita. Gli Etruschi e l’aldilà tra capolavori e realtà virtuale a Bologna (fino al 22 febbraio), presso Palazzo Pepoli dove si trova il museo della storia della città. Le fa da pendant un’esposizione a Roma, proprio negli spazi di Villa Giulia, partner del progetto. Il tema individuato dai curatori dell’esposizione, Giuseppe Sassatelli e Alfonsina Russo Tagliente, offre la possibilità di avvicinarsi alla civiltà etrusca da un’angolazione particolare come è quella rappresentata dalla documentazione proveniente dalle necropoli.
Ma privilegiata per la straordinaria attenzione che gli Etruschi dettero al culto degli antenati durante l’intero arco di durata della loro civiltà, che ebbe la forza di attraversare quasi per intero il I millennio a.C. e di sapersi misurare con il mondo greco, magnogreco e fenicio-punico. Come pure di interagire con gli altri popoli presenti nella penisola italiana. C’è un’immagine – stavolta dello scrittore e poeta Vincenzo Cardarelli – che illumina bene la loro azione: «… essi recarono la luce mediterranea fin nelle più remote caverne dell’Appennino » (in Il cielo sulle città).
Va detto, inoltre, che nell’arco degli ultimi due decenni è profondamente mutata la maniera di guardare ai documenti riferiti alla sfera funeraria, a partire dall’eccezionale repertorio figurativo rappresentato dalla pittura etrusca, e di questo cambiamento di approccio viene dato puntualmente conto in mostra.
Le stesse due sedi scelte non sono casuali: Roma accoglie il museo più importante al mondo per le antichità etrusche (a volte lo si dimentica) e Bologna è stata la città-stato di riferimento per la presenza etrusca nella pianura padana (a volte si mostra di non saperlo). Una presenza tra l’altro né sporadica né di breve durata, anzi: la zona padana va considerata tra le aree più ricche dell’Etruria per via dell’ingente produzione agricola, dovuta alla fertilità della terra e ai saperi dei contadini che la lavoravano, e al fatto di rappresentare il collegamento privilegiato con il mondo dei Celti. Senza dimenticare l’importanza, soprattutto a partire dal V secolo a.C., del porto di Spina dove era presente anche una forte comunità greca.
Nella mostra il tema dell’aldilà etrusco è esaminato attraverso la documentazione archeologica e non poteva essere altrimenti dato che altre fonti non sono giunte sino a noi, o risultano condizionate dall’interpretazione che ne venne data nel mondo greco e, soprattutto, in quello romano. L’ingente patrimonio di immagini pervenuto consente di entrare nei dettagli: la tomba, innanzitutto, sino almeno al IV secolo a.C., nonostante l’attenzione posta nella sua costruzione e il corredo funerario che vi veniva deposto, non era ritenuta la dimora stabile del defunto.
L’idea di un suo viaggio verso sfera oltremondana lontana da quella dei viventi e affine, in una qualche misura, a quella degli déi – come ha notato Giovanni Colonna – appare attestata sin dai secoli di formazione. Lo segnalano la presenza nei corredi funerari di modellini di barche e di carri, come pure la raffigurazione frequente del disco solare e di uccelli d’acqua, che alludono ad anatre, aironi, cigni, ritenuti intermediari tra la terra e gli spazi celesti.
Una trasmigrazione di cui poco si sapeva, ma che sembra avere previsto un percorso di terra ed uno su acque marine o meno frequentemente fluviali. Il pericoloso viaggio poteva essere affrontato a piedi, a cavallo, su un carro con tiri a due o a quattro animali, su una biga, su una quadriga (in alcuni casi trionfale), in nave o essendo trasportati da esseri favolosi come gli ippocampi. Nelle raffigurazioni giunte sino a noi, animali reali e fantastici sembrano segnalare la difficoltà della strada da percorrere, mentre alcuni demoni svolgono la funzione di accompagnatori.
La documentazione archeologica offre anche un’idea di come fosse immaginato il soggiorno nell’aldilà: una simbiosi piena con la natura, alla quale allude bene la decorazione della tomba tarquiniese della Caccia e Pesca; una ricomposizione dell’unità familiare aperta agli antenati; una vita armoniosa e senza privazioni come traspare dalla serie infinita di simposi e banchetti raffigurati – nel caso delle tombe di- pinte – prima nei frontoni e poi sulle pareti di fondo della camera principale, accompagnati spesso da scene di danza e di giochi proposte sulle pareti laterali.
Vediamo, comunque, il percorso più da vicino partendo da Bologna: vi figurano gli affreschi, distaccati al momento della scoperta, della tomba tarquiniese della Nave incentrati proprio sul viaggio per mare del defunto; tre stele funerarie – una di rinvenimento recente ed esposta per la prima volta al pubblico – testimonianza diretta dell’ideologia funeraria degli Etruschi di Bolouna gna; una serie di vasi provenienti dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia tra cui un cratere a calice attico a figure rosse realizzato da Eufronio; due notevoli sculture in pietra da Vulci e Cerveteri. Infine si può vedere una video installazione realizzata appositamente con tecnologie all’avanguardia sul Sarcofago degli Sposi, vale a dire uno dei capolavori assoluti dell’arte etrusca. Della stessa opera è stata eseguita una copia esposta sempre in mostra, realizzata dalla Italdesign Giugiaro. A Roma, sono proposti altri due eccezionali vasi di Eufronio, una stele funeraria proveniente da Bologna e la ricostruzione virtuale della celebre Situla della Certosa. Nel museo romano, inoltre, viene proiettata la nuova versione del film di animazione realizzato dal Cineca con la regia di Giosuè Boetto Cohen. Nell’originale che da due anni è presentato a Bologna, Lucio Dalla dà la voce all’etrusco del nord Apa. Al cantautore scomparso ora si aggiunge Sabrina Ferilli, che “interpreta” l’etrusca del sud Ati.

Maurizio Bettini, Arte e banchetti nel culto degli antenati. I rituali per l’oltretomba erano contenuti nei preziosi e perduti Libri Acheruntici

SECONDO gli autori romani gli Etruschi possedevano certi Libri Acheruntici, ossia libri che avevano per oggetto l’oltretomba. Possiamo immaginare che essi contenessero in particolare i rituali che venivano praticati al momento della sepoltura e le credenze o le rappresentazioni che riguardavano il mondo di là. Purtroppo di questi preziosi libri ci sono pervenuti solo piccoli frammenti, citati da autori che, oltre tutto, li inserivano in un contesto filosofico, o teologico, che di certo non era più il loro.
Uno di questi frammenti, però, in particolare colpisce. In questi libri si sarebbe detto che gli Etruschi praticavano sacrifici animali capaci di trasformare in divinità gli spiriti dei defunti: questi avevano il nome di dii animales, dèi animali, e sarebbero stati in qualche modo simili ai Penati dei Romani, le divinità tutelari della famiglia. Ma a parte queste testimonianze, tanto suggestive quanto scarse, sono soprattutto le rappresentazioni figurate, quelle che ci vengono dalle tombe o dai sarcofagi dell’Etruria, a darci un’idea di come questo popolo immaginò il mondo di là. Nelle raffigurazioni che rimandano al periodo classico e a quello ellenistico, ossia posteriori al VI — V secolo a. c., l’elemento certo più caratterizzante è costituito dalla presenza di una porta. Nel sarcofago di Hasti Afunei, proveniente da Chiusi, un démone femminile di cui ci viene detto anche il nome, Culsu, è rappresentato nell’atto di uscire da tale porta: sembra essere lei ad avere l’incarico di aprirla e chiuderla, e di vegliare sul passaggio. Un altro démone femminile, Vanth, attende invece al di là di essa. Sul lato opposto un terzo démone femminile spinge la defunta, Hasti Afunei, verso il passaggio, mentre fra lei e la fatidica porta stanno numerosi personaggi. Osservando questa raffigurazione possiamo concludere che, nelle credenze degli Etruschi, il mondo dei morti era separato da quello dei vivi, ma ad esso congiunto attraverso un passaggio, vegliato da démoni. Un’altra cosa che immediatamente colpisce, nella rappresentazione del sarcofago di Hasti Afunei, è la presenza di un corteo funebre che accompagna la defunta verso la porta degli Inferi. Esso può forse richiamare la pompa funebris della tradizione romana, il corteo che si svolgeva in occasione del funerale: ma c’è almeno una differenza importante. Nella processione rappresentata sul sarcofago di Hasti Afunei, infatti, ai vivi che vi partecipano si mescolano démoni infernali, lo spazio in cui si muove il corteo è immaginato come contemporaneamente umano e oltremondano. Ma che cosa attende il defunto dall’altra parte di quell’ingresso? Un démone femminile, nel caso di Hasti Afunei, ma possiamo immaginare che di là stessero altri defunti: ossia i personaggi che, in numerose rappresentazioni, sono raffigurati a banchetto assieme ad altri démoni. È questa, forse, l’istantanea più celebre, e più conosciuta, della morte etrusca: il banchetto, l’aldilà come un luogo di allegria e godimento. Ad attendere il defunto ci sono i membri della sua famiglia, del suo gruppo sociale, già raccolti al simposio, mentre il nuovo arrivato li raggiunge per unirsi a loro. Altre rappresentazioni figurate mettono poi in evidenza forme differenti del cruciale passaggio, che comunque però prevedono uno spostamento del defunto, un viaggio verso il mondo che lo attende. Esso può essere di tipo marino, segnalato dalla presenza di mostri o di onde; altre volte si tratta invece di un cammino più complesso, che il defunto sembra compiere prima a cavallo poi raccolto da un mostro marino, che lo attende. Un viaggio non scevro di pericoli, peraltro, come indica la presenza del démone Tuchulcha, volto a becco d’uccello e serpenti che da lui si snodano. Nel tempo di questo trasferimento verso il mondo di là, possiamo supporre, i parenti del morto compivano sacrifici per propiziargli un felice viaggio. E forse per garantirgli lo stato di deus animalis, come spiegavano i Libri Acheruntici.

5080 Total Views 1 Views Today
Print Friendly, PDF & Email
Facebooktwitteryoutube

Facebooktwitterpinterest

Informazioni su Mrsflakes

Il sito latinorum.tk è nato per accompagnare le mie lezioni dedicate alla cultura latina, per proporre divagazioni "extra ordinem" sulla classicità e per condividere in rete percorsi e materiali. Si tratta di un lavoro in fieri, che si arricchirà nel tempo di pagine e approfondimenti. Grazie anticipatamente a chi volesse proporre commenti, consigli, contributi: "ita res accendent lumina rebus…" Insegno Italiano & Latino al Liceo Scientifico ”G. Galilei” di San Donà di Piave, in provincia di Venezia. Curo anche il blog illuminationschool.wordpress.com e un sito dedicato a Dante e alla Divina Commedia, www.dantealighieri.tk.
Questa voce è stata pubblicata in Archeologia, Storia romana e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento