Oedipvs: Horrore quatior, fata quo vergant timens,
trepidumque gemino pectus affectu labat:
ubi laeta duris mixta in ambiguo iacent,
incertus animus scire cum cupiat timet.
Seneca, Oedipvs, vv. 206-209
Sono scosso dalla paura, temendo dove possano volgere i fati, e il mio cuore trepidante vacilla tra sentimenti discordanti: quando le gioie giacciono nell’ambiguità legate alla paura, l’animo, pur volendo conoscere, prova timore, pieno di incertezza.
Il testo della cothurnata di Seneca. In lingua latina: CLICCA QUI. In traduzione italiana. CLICCA QUI.
Edipo eroe tragico, a c. degli studenti del Liceo Berchet. CLICCA QUI.
Edipo re di Sofocle, 1977, con Vittorio Gassman, Luigi Proietti, Attilio Corsini, Riccardo Mangano,Tino Buazzelli, Lea Massari, Adolfo Celi, Sergio Graziani. Musiche di Luciano Berio. Regia di V. Gassman. CLICCA QUI.
EDIPO RE, da Sofocle-Seneca, Teatro di Tindari (ME), 16 giugno 2001. VIDEO.
Il mito nel racconto di GAIUS JULIUS HYGINUS, FABVLAE.
Postquam Oedipus Laii et Iocastes filius ad puberem aetatem pervenit, fortissimus praeter ceteros erat eique per invidiam aequales obiciebant eum subditum esse Polybo, eo quod Polybus tam clemens esset et ille impudens; quod Oedipus sensit non falso sibi obici. Itaque Delphos est profectus sciscitatum de parentibus suis. Interim Laio in prodigiis ostendebatur mortem ei adesse de nati manu. Idem cum Delphos iret, obviam ei Oedipus venit, quem satellites cum viam regi dari iuberent, neglexit. Rex equos immisit et rota pedem eius oppressit; Oedipus iratus inscius patrem suum de curru detraxit et occidit. Laio occiso Creon Menoecei filius regnum occupavit; interim Sphinx Typhonis in Boeotiam est missa, quae agros Thebanorum vexabat; ea regi Creonti simultatem constituit, si carmen, quod posuisset, aliquis interpretatus esset, se inde abire, si autem datum carmen non solvisset, eum se consumpturam dixit neque aliter de finibus excessuram. Rex re audita per Graeciam edixit, qui Sphingae carmen solvisset, regnum se et Iocasten sororem ei in coniugium daturum promisit. Cum plures regni cupidine venissent et a Sphinge essent consumpti, Oedipus Laii filius venit et carmen est interpretatus; illa se praecipitavit. Oedipus regnum paternum et Iocasten matrem inscius accepit uxorem, ex qua procreavit Eteoclen et Polynicen, Antigonam et Ismenen. Interim Thebis sterilitas frugum et penuria incidit ob Oedipodis scelera, interrogatusque Tiresias, quid ita Thebae vexarentur, respondit, si quis ex draconteo genere superesset et pro patria interiisset, pestilentia liberaturum. Tum Menoeceus Iocastae pater se de muris praecipitavit. Dum haec Thebis geruntur, Corintho Polybus decedit, quo audito Oedipus moleste ferre coepit aestimans patrem suum obisse; cui Periboea de eius suppositione palam fecit; item Menoetes senex, qui eum exposuerat, ex pedum cicatricibus et talorum agnovit Lai filium esse. Oedipus re audita postquam vidit se tot scelera nefaria fecisse, ex veste matris fibulas detraxit et se luminibus privavit, regnumque filiis suis alternis annis tradidit et a Thebis Antigona filia duce profugit.
SOFOCLE, Edipo re, Siracusa 2013 (VIDEO parte finale)
Konstandinos Kavafis, S’è avvolto nelle tenebre il mondo, non temere Elaborazione e adattamento di Umberto Broccoli da Kavafis, Poesie segrete, Milano Crocetti, 2011
S’è avvolto nelle tenebre il mondo, non temere.
Non credere durevole tutto ciò ch’è oscuro.
Sei vicino ai piaceri, amico, alle valli, ai fiori:
osa, non ti fermare. Ecco, già sorge l’alba!
Solo una nebbia lieve il tuo sguardo intimorisce.
La natura benevola prepara sotto il velo
ghirlande di rose e di viole, di nobili narcisi
per te, profumate ricompense ai tuoi canti.
Kostantinos Kavafis, Edipo, da Poesie.
Traduzione a cura di Giuseppe D’Ambrosio Angelillo
Scritta dopo aver saputo di una descrizione
del dipinto “Edipo e la Sfinge” di Gustave Moreau.
Su di lui è avventata la Sfinge
con le unghie sguainate, i denti digrignati
e tutto il suo furore bestiale.
Edipo è caduto al primo attacco
terrorizzato solo a vederla –
una simile forma e una simile voce
neanche se l’era mai immaginata.
Il mostro spinge con le zampe
sul petto di Edipo –
ma lui s’è ripreso in fretta, e ora non ha più paura
del mostro. Ha pronta la risposta,
e la vittoria è sua. Ma non è contento
di questa vittoria. I suoi occhi
pieni di malinconia non guardano la Sfinge,
ma lontano, lungo l’angusta via che porta a Tebe,
e di là fino a Colono.
L’anima gli dice chiaramente
che la Sfinge gli parlerà di nuovo laggiù
con enigmi più difficili e grandi,
che non hanno soluzione.
J. L. Borges, Edipo e l’enigma, Tutte le opere, a cura di D. Porzio, vol. 2, I Meridiani, Mondadori, Milano, 2000
Cuadrúpedo en la aurora, alto en el día
y con tres pies errando por en vano
ámbito de la tarde, así veía
la eterna esfinge a su inconstante hermano,
el hombre, y con la tarde un hombre vino
que descifró aterrado en el espejo
de la monstruosa imagen, el reflejo
de su declinación y su destino.
Somos Edipo y de un eterno modo
la larga y triple bestia somos, todo
lo que seremos y lo que hemos sido.
Nos aniquilaría ver la ingente
forma de nuestro ser; piadosamente
Dios nos depara sucesión y olvido.
Quadrupede all’alba, alto nel giorno e con tre piedi errante nel vano ambito della sera, così vedeva l’eterna sfinge il suo incostante fratello, l’uomo, e con la sera un uomo venne che decifrò atterrito nello specchio della mostruosa immagine, il riflesso del suo declino e del suo destino. Noi siamo Edipo e in un eterno modo la lunga e triplice bestia siamo, tutto ciò che saremo e ciò che siamo stati. Ci annienterebbe scorgere l’ingente forma del nostro essere; pietosamente Dio ci concede successione e oblio.
Sigmund Freud, Traumdeutung [L’interpretazione dei sogni], 1900
Secondo le mie ormai numerose esperienze, i genitori hanno la parte principale nella vita psichica infantile di tutti i futuri psiconevrotici: amore per l’uno, odio per l’altro dei genitori, fanno parte di quella riserva inalienabile di impulsi psichici che si forma in quel periodo ed è così significativa per la semiologia della futura nevrosi. Non credo però che gli psiconevrotici si differenzino molto a questo riguardo da altri uomini che rimangono normali, nel senso che riescono a creare qualche cosa di assolutamente nuovo e loro peculiare […]. A sostegno di questa conoscenza, l’antichità ci ha tramandato un materiale leggendario, la cui necessità profonda e universale riesce comprensibile soltanto ammettendo un’analoga validità generale delle premesse anzidette, tratte dalla psicologia infantile. Intendo la leggenda del re Edipo e l’omonimo dramma di Sofocle […]. Edipo re è una cosiddetta tragedia del fato; il suo effetto tragico pare basato sul contrasto fra il supremo volere degli dèi e i vani sforzi dell’uomo minacciato dalla sciagura […]. Se l’Edipo re riesce a scuotere l’uomo moderno non meno dei greci suoi contemporanei, la spiegazione può trovarsi soltanto nel fatto che l’effetto della tragedia greca non si basa sul contrasto fra destino e volontà umana, bensì va ricercato nella peculiarità del materiale in cui tale contrasto si presenta. Deve esistere nel nostro intimo una voce pronta a riconoscere la forza coattiva del destino di Edipo […]. Il suo destino ci commuove soltanto perché sarebbe potuto diventare anche il nostro, perché prima della nostra nascita l’oracolo ha decretato la medesima maledizione per noi e per lui. Forse a noi tutti era dato in sorte di rivolgere il nostro primo impulso sessuale alla madre, il primo odio e il primo desiderio di violenza contro il padre: i nostri sogni ce ne danno convinzione. (…) Davanti alla persona in cui si è adempiuto quel desiderio primordiale dell’infanzia indietreggiamo inorriditi, con tutta la forza della rimozione che questi desideri hanno subito da allora nel nostro intimo. Portando alla luce della sua analisi la colpa di Edipo, il poeta ci costringe a prendere conoscenza del nostro intimo, nel quale quegli impulsi, anche se repressi, sono pur sempre presenti.
Il canto, con il quale il coro ci lascia – “Vedete, questo è Edipo, i cittadini tutti decantavano e invidiavano la sua felicità; ha risolto l’alto enigma ed era il primo in potenza, guardate in quali orribili flutti di sventura è precipitato!” – è un’ammonizione che colpisce noi stessi e il nostro orgoglio, noi che a parer nostro siamo diventati cosi saggi e così potenti, dall’epoca dell’infanzia in poi. Come Edipo, viviamo inconsapevoli dei desideri che offendono la morale, di quei desideri che ci sono stati imposti dalla natura; quando ci vengono svelati, probabilmente noi tutti vorremmo distogliere lo sguardo dalle scene dell’infanzia.
P.P. PASOLINI, Edipo re, 1967
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: